Monday, 15 September 2014

plasticità cognitiva

Nella nostra testa, ogni volta che facciamo un'esperienza, quindi in pratica durante ogni singolo istante della nostra esistenza, si modifica la nostra architettura neurale. In base a ciò che percepiamo, alle conclusioni che elaboriamo consciamente o senza esserne consapevoli, la disposizione dei neuroni nel nostro cervello si adatta alle nuove circostanze. Andiamo a fortificare connessioni e vie di comunicazione che si confermano nella loro correttezza e utilità e tagliamo sinapsi che sono inutili. Man mano che diventiamo più esperti nell'esercizio che per semplificarle le cose ora chiamo "vivere", riduciamo sempre di più la rete di connessioni neurali in base alla nostre preferenze, a ciò che si è rivelato utile, alle evidenze e alle credenze. Da piccoli nasciamo con una quantità di sinapsi neanche paragonabile a quella di un adulto, perché da piccoli abbiamo milioni di possibilità di "costruire" la nostra rete di connessioni, mentre da grandi abbiamo semplificato le cose creando grandi autostrade del pensiero, di quelle grosse a quattro-cinque corsie come ce l'hanno in ammmerica, perché ormai abbiamo creato vie per semplificare l'analisi del mondo. Siamo minimal, insomma. 


Solo che questa storia di essere minimal non è poi tanto bella perché a forza di creare preferenze e abitudini, andiamo a costruire rigidità del pensiero e fissità funzionali.  Con ogni alternativa di pensiero o di comportamento che decidiamo di abbandonare, prendiamo letteralmente una sinapsi e la buttiamo nella raccolta differenziata (non quella della tares, amici. Quella biologica per davvero, dico). Quindi a forza di buttare via neuroni e sinapsi che non ci servono, ci riduciamo a qualche povera "autostrada" neurale e finisce che da vecchi diventiamo burberi e rigidoni. 

In effetti questa storia è abbastanza triste. Più la nostra vita diventa ricca di esperienze e più diventiamo anziani, saggi e risoluti, più si impoverisce la nostra materia grigia. I neuroni ci fanno ciao ciao con la manina e se ne vanno per la loro strada. Quella che nei piccoli è plasticità cerebrale, nei grandi rischia di diventare rigidità funzionale. Facciamo le robe sempre allo stesso modo perché ci sentiamo sicuri nel farle così. Abbiamo bisogno di farlo, perché la nostra identità si costruisce sulle certezze rigide come i mattoncini della lego, impilate una per una nella nostra testa e considerate come assolute. Cioè il concetto di certezza equivale a "la verità" e "la realtà". Robe che ovviamente non esistono, ma questa è una storia lunga. 

Certezze, insomma. Certezze che ovviamente sono artefatti della nostra mente. Certezze che per fortuna non sono così assolute come crediamo e vengono messe in discussione ogni volta che ci confrontiamo con le idee di altre persone. Succede che piano piano, alcuni di più e altri di meno, siamo capaci di aprirci alla prospettiva altrui e guardare il mondo con altri occhi. Se abbiamo una forma mentis flessibile siamo in grado di metterci nei panni di una persona e percepire il mondo con le sue chiavi di lettura. E magari, per un brevissimo istante, diventiamo simili all'amico fidato...



Questa forma di apertura mentale non richiede di rinunciare alla propria identità, anzi... è proprio nel momento in cui mi apro al tuo modo di vedere il mondo e provo a guardarlo con i tuoi occhi, che riesco a definire con più chiarezza chi sono io, quali sono i miei limiti, quali sono i miei punti di forza. Crescere significa anche fondersi con l'altro, nel senso di fusione delle idee e delle prospettive e dei valori. Non in via definitiva, ovviusly. Però io intanto mi diverto a guardare il mondo con gli occhi dei miei amici, mi diverto a passare le serate con il mio amico Riki che mi da il via libera a comportarmi come una camionista rozza, a fare la pettegola con le amiche osservando come sono vestite le signore della bolognabene ma anche a seguire in silenzio i rituali dei miei nonni scanditi dalla tradizione. Tre situazioni in cui, vista da fuori, potrei apparire come una persona completamente diversa. Eppure no, non è così: come tutti, sono molteplice e non univoca. Mi piace sperimentarmi, giocare, essere permeabile a nuove prospettive, senza perdere il mio chiaro filo conduttore. Non mi perdo per strada, mi apro a mondi nuovi. (E cerco di non buttare via inutilmente sinapsi, che magari un giorno mi potrebbero tornare utili)

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