Wednesday, 24 June 2015

La violenza che non si vede

Quando c'è una storia che mi colpisce di persona, faccio sempre molta fatica a trovare un modo di raccontarla. Sono ormai quasi due anni che sono coinvolta indirettamente in una lunga ed esasperante storia di tortura che si chiama stalking. Sono ormai quasi due anni che mi metto le mani nei capelli per trovare una parola di conforto per una vittima di stalking a cui sono molto legata. Sono ormai quasi due anni che la mia quotidianità ora è fatta anche di notti passate in questura, di lunghe telefonate con operatori telefonici dei centri anti-stalking, di operatrici della casa per le donne che oramai mi conoscono per nome, di giornate di ferie passate nell'ufficio di un ispettore a raccontare la storia a cui ho assistito, di paura quando cammino per strada da sola di notte. Sono quasi due anni che vivo con il cellulare appiccicato al mio corpo e sono quasi due anni che ho tolto il mio cognome dal campanello sulla porta di casa. 

Lo stalking è una cosa che da fuori non si vede. Non c'è nessun occhio nero, nessun labbro gonfio. Eppure le ferite ci sono, e sono molto profonde. Sono invisibili agli occhi di chi non conosce la storia dietro a una vittima di stalking. Le ferite sono diverse, sono fatte di angoscia, della sensazione di essere osservate, di malessere psicologico, di diffidenza verso il prossimo e del timore di raccontarsi. Sono ferite profonde e logoranti, che non guariscono nel giro di poco tempo e che fanno in modo che la vittima modifichi in maniera permanente il suo sguardo sul mondo. Le vittime di stalking spesso soffrono di disturbo post traumatico da stress, con intenso disagio psicologico, reattività fisiologica e problemi di salute correlati all'evento traumatico, difficoltà ad addormentarsi, esagerate risposte di allarme, sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma, sentimenti di distacco, affettività ridotta, come per esempio incapacità di provare sentimenti di amore, e sentimenti di diminuzione delle prospettive future. 

Lo stalking è una forma di violenza viscerale e insidiosa, che inizia piano piano, nei piccoli gesti, prima di trasformarsi in un incubo fatto di oppressioni e persecuzioni. La violenza non è fatta solo dallo psicopatico che segue la sua vittima ovunque e la contatta insistentemente. La violenza è anche fatta dei piccoli gesti pianificati rigorosamente e in maniera crudele con l'obiettivo di creare disagio psicologico nella vittima. Sono quei gesti sottili e ambigui, che non comportano un reato punibile dalla legge eppure creano un forte e logorante disagio nella vittima. Lo stalking è qualcosa che ti fa incazzare come una pantera, specialmente se vedi la storia dall'esterno e ti accorgi di tutte le viscide e crudeli dinamiche che la vittima non è più capace di vedere perché troppo coinvolta. Lo stalking è anche quella cosa per cui ti mangi il fegato dalla rabbia quando le forze dell'ordine non intervengono per tanti mesi. E poi ti ritrovi ai giardini e vedi due carabinieri a cavallo, che si mettono a fare "ciao ciao" alla bambina che hai in braccio. Quelli sono i momenti in cui desideri di vivere in un paese diverso, un paese dove la polizia va a prendere quel pezzo di merda di uomo e gli sbatte la faccia sull'asfalto e lo riempie di calci nello stomaco, di quelli che poi non si vedono da fuori. Proprio come le ferite nell'anima della vittima. 



Sono quasi due anni di insegnamenti che mi porterò dietro per il resto della mia vita. Sono quasi due anni che sono diventata assolutamente intollerante a un uomo che si permette di alzare la voce davanti a quelle che io chiamo le "mie" donne, quelle donne alle quali mi sento in qualche modo di appartenere o per le quali mi sento responsabile. Queste donne sono la mia mamma, la mia sorella, le mie amiche e le bambine con le quali lavoro. Sono quasi due anni che le guardo pensando a che tipi di uomini hanno intorno a loro, al tipo di relazione hanno con loro. Sono quasi due anni di incubi notturni in cui sogno che un uomo mi aggredisce insieme a una bambina. Sono quasi due anni che non ci vedo più dalla rabbia quando un uomo tratta male la mia mamma: chi ci ha provato in passato ha sentito in maniera forte e chiara la mia voce. 

Questa non è una questione di femminismo. Questa è una questione di rispetto. Avete presente quell'età in cui le bambine ancora ti si nascondono sotto alle gonne, ti si appiccicano alle gambe come un koala e giocano a mettere i piedini al sole? Quei giorni felici in cui ancora puoi proteggerle da quasi tutto e l'intervento più grosso che devi fare è appiccicare un cerotto di peppa pig sul loro ginocchio quando inciampano? Ecco, quando passi una buona parte del tuo tempo con una cucciola di quell'età e un'altra parte del tuo tempo nella sala d'attesa lercia di una questura il tuo modo di guardare il mondo cambia per sempre. Questo contrasto così forte tra la purezza e l'innocenza di una piccola bambina e la crudele violenza di un uomo adulto rende il tuo sguardo più disilluso, sul tuo volto iniziano a formarsi le prime rughe e in testa spuntano i capelli bianchi. 


Giù le mani dalle donne.
Questo messaggio è importantissimo. Questo è anche il messaggio che vuole trasmettere il bracciale "Tatù" dell'azienda Niente Paura che indosso nella foto in alto. Attraverso questo bellissimo bracciale dedicato alle donne l’azienda cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a una tematica allarmante e in costante crescita, la violenza contro di esse. La vendita dei bracciali sostiene progetti per la tutela e la protezione delle donne Vittime di violenza, ma anche di tutte quelle persone che ruotano intorno alla donna, come i bambini.

Io ho la fortuna e l'onore di lavorare con le future donne e i futuri uomini di questa società e da quando ho assistito a questa brutta e logorante storia di violenza "che da fuori non si vede" do ancora più importanza ai gesti quotidiani che trasmetto ai piccoli grandi del futuro. Mi chiedo se un uomo che compie tali gesti si renda conto dell'abissale mancanza di rispetto che compie nei confronti della sua mamma e della sua bambina. Mi chiedo se un uomo che compie tali gesti si renda conto dell'esempio che fornisce, mi chiedo se un uomo che compie tali gesti si renda conto del tipo di educazione al rispetto e all'amore che sta dando alla sua famiglia. Mi chiedo fino a che punto un uomo che compie tali gesti si renda conto di ciò che ha fatto, della sofferenza che ha provocato, del dolore che ha creato.  Come fa, un uomo che compie tali gesti, a guardare la sua bambina negli occhi e non vergognarsi del suo comportamento? 

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